Tre giorni a Pandateria
Tre chilometri di lunghezza, 800 metri di larghezza (nel punto più ampio), 1,54 chilometri quadrati. Un sassone di lava molto più piccolo di Uluru, ma circondato dal mare, e che mare! La strada principale, l'unica, è via Olivi. Percorribile solo da auto dalla larghezza contenuta. Camminare a piedi è faticoso (ci si deve fare sardine vicino ai muretti lungo la strada) per il continuo va e vieni dei mezzi che fanno la spola tra gli hotel e il mare. Man mano che ci si sposta verso ovest, e si sale, il "traffico" diminuisce e si va più spediti. L'aria è magnifica, pulita e profumata, ma come sempre in questi casi quando ti passa vicino un mezzo col motore a scoppio il fastidio è doppio. Dovrebbero usare tutte auto elettriche, i presupposti ci sarebbero tutti. Potrebbero poi sfruttare anche il vento che non manca, resterebbe il problema dell'acqua, sull'isola non c'è una sola fonte, tutta l'acqua che serve e si usa viene dal "continente"; una nave cisterna rimane ormeggiata per giorni a scaricare acqua. I prezzi in generale non sono bassi ma si capisce, tutto viene trasportato e il trasporto costa. Il sabato e la domenica, anche fuori stagione, il piccolo e antico porto romano si riempie di imbarcazioni. Se è bel tempo si pianificano immersioni negli splendidi fondali. L'isola dista 52 chilometri da Formia, 28 miglia marine e non sono poche però ne vale la pena. Si racconta che Ottaviano Augusto abbia esiliato sull'isola sua figlia Giulia. A Punta Eolo, nel lato est dell'isola, ci sono i resti di una grande casa di epoca romana; potrebbe essere la residenza di Giulia.
Per chi non fa immersioni e ama la natura
L'Istituto di Ornitologia ha qui sull'isola un suo avamposto per "catturare" gli uccelli di passo. I migranti. Nella parte più alta dell'isola (139 m slm), quella ad ovest, sono sistemate le reti per intercettare i volatili, che ovviamente, nell'impatto con la rete non subiscono alcun trauma. Unico stress per loro è rimanere ben bene impigliati nella rete. Sarà poi compito dell'ornitologo di turno liberare con pazienza e diligenza e, per quel che ho visto, amorevole cura, l'esemplare immobilizzato. Una volta districate le maglie della rete e liberato l'animale questi viene riposto in una sacchetta di tela. Successivamente, al coperto, verrà inanellato se ancora non lo è, registrato e rimesso in libertà. Se era già stato inanellato l'anno prima (o i precedenti) viene registrato il suo passaggio migratorio e rimesso, anche lui, in libertà